L'OVA DI DONNA SARA
Alle prime case del paese, entrando dalla porta di Santu
Vitu, c'era la casa di Don Pippinu maritu di Donna Sara.
Eranu du vicchiareddi, senza figghi, tra di iddi tantu
affiatati chi li picciotti moderni
n'affiatamentu comu chissu si lu ponnu sulu sunnari.
Mai na sciarra o na discussioni si ntisiru nti sa strata pi
curpa di Don Pippinu.
Si mittia sempri assittatu fora cu la seggia di zabbarinu e
si fumava o la pipa fatta di canna o direttamenti un muzzuni di sicarru
toscanu.
La casa era di vecchia costruzione, tenuta all'interno sempre
pulita e tutto il santo giorno Donna Sara si adoperava per mantenerla tale.
Era nica nica, ci ianu stritti stritti quattru seggi e na
buffetta, poi c'era un cammarinu pi cucina e na stanza di lettu scurusa chi
pigghiava luci sulu d' un purteddu.
La vita trascorreva serena e tutti dui facianu nà coppia
perfetta.
Donna Sara, fimmina di casa era ntrissata, un spinnia mancu na lira di la so pinsioni e
manciavanu cu la pinzioni di Don Pippinu.
Già i tempi cominciavano a diventare moderni, in quasi tutte
le case si incominciavano a vedere le prime televisioni a due canali, le radio
erano già presenti da diverso tempo, ma in casa di Don Pippino tutto si era
fermato a fine ottocento.
Il progresso tecninologico, non aveva minimamente sfiorato
quella casa.
Essi, possedevano un piccolo vano magazzino nella parte ad
est dei fabbricati, prospiciente la stradina ultima del paese, era ormai da
considerare un rudere e Donna Sara la utilizzava per le galline.
Infatti, aveva un pollaio formato da una decina di galline,
organizzato a perfetta regola d'arte con tutti i confort del caso.
Metteva la paglia dentro ceste di canna e le galline
addestrate, quando era l'ora del deposito delle uova, ci si andavano ad
appollaiare all'interno e in un batter d'occhio l'uovo usciva fuori come per
magia.
Le uova di Donna Sara nel quartiere erano prese in grande
considerazione.
Tutti sapavano con quale amore venivano trattate le galline.
Le chiamava tutte per nome
quasi come se fossero dei figli, poi con fare amorevole, ci MINUZZAVA il
pane duro che impastava con un po d'acqua, ci dava la pasta arristata o al
tempo un “FASCIU DI CARDEDDA” per favorire la produzione delle uova.
La canigghia chi s'avia accattari, li addini, mischini, la
vidianu na vota ogni tantu.
Un c'era iornu chi un ci facia pigghiari nanticchia di suli,
li niscia fora e li facia stari liberi
di svulazzari.
Ogni tantu, quannu pi qualchi motivu, dintra si ci staccava
la correnti elettrica e li fila ntrizzati in qualchi puntu fumiavanu, Donna
Sara vinia a la casa e cu tanti priamenti, mi dumannava si PI FAURI CI
AGGIUSTAVA LA COSA.
Mi premuravo subito di mettermi a disposizioni anchi picchi
se la richiesta non veniva subitu esaudita la discussioni durava in eterno.
Mi precipitavo a casa di Don Pippino che tutto preoccupato
era rimasto ad aspettare.
Quando arrivavo, lo trovavo sorridente, sempre con la pipa in
mano.
Di solito il lavoro era semplice e consisteva nell'unire i
due fili bruciacchiati e mettere un po di nastro isolante.
Dopo avere ricevuto tanti ringraziamenti da parte dei due
coniugi, andavo a casa.
Non passavano neanche due minuti che il ringraziamento da
parte di Donna Sara si materializzava.
Bussava alla porta chiamando mia madre “CICCI CICCI”.
Al richiamo della voce amica mia madre la invitava ad
entrare, e quando Donna Sara
AMMUTTAVA LA PORTA E TRASIA A LA PARTI DI DINTRA, tutto
diventava chiaro, il rigraziamento per il lavoro fatto si materializzava in
quattro uova che venivano date in mano a mia madre con il preciso impegno di
farmeli mangiare.
Le galline in casa di Donna Sara sono stati nel tempo sempre
presenti.
Quando si era bambini, al comando dei genitori si scattava
subito e con fare servizievole si procedeva.
Di solito, i comandi dati erano di poca entità, non davano tanto fastidio a noi bambini e
non ci facevano allontanare tanto da casa.
La cumannata era di questo tipo: “ VA A LA PUTIA E ACCATTA DECI LIRI DI
SARSINA” , “ VA DICCI A DONNA GIUVANNINA SI VOLI VENIRI A LA MISSA” o
“PORTACCI A TO ZIU STU PANARU DI FICU”.
Quando il comando veniva formulato, subito si lasciava in
sospeso il gioco in corso con altri
bambini e si correva verso la destinazione segnalata.
Così se la mamma comandava “VA NI DONNA SARA E TI FA DARI SEI
OVA” mi mettevo subito a disposizioni
prontu pi curriri, ma il comando era fatto in maniera molto premurosa, era
contornato di tanti suggerimenti.
V'accatta l'ova ni donna Sara, pigghia cantu cantu 'ncapu lu
marciapedi e talia si vennu machini, un curriri pazzi chi sciddichi e ti struppii,
un scinniri ni lu stratuni chi ti
ncoccianu.
OGNI VOTA LA STESSA LITANIA.
Alla richiesta di sei uova, l'invito di donna Sara era sempre
quello di seguirla nel magazzino dell'altro lato, poi con fare amorevole e con
maestria, ad una ad una prendeva le galline, e con professionalità, degna del
piu bravo urologo, c'infilava 'nculu l'indice della mano, per sondare e
calcolare l'ora dell'uscita dell'uovo.
Quando tutte le galline erano passate dalla visita
specialistica di Donna Sara, la stessa dava il responso ufficiale: “DICCI A TO
MATRI CHI PO VENIRI TRA UN'URA CHI L'OVA SUNNU FATTI”.
Di solito ritornando a casa, il riferimento della notizia non
dava nessun segno di preoccupazione, al massimo, l'errore temporale era di
cinque minuti non di più.
Il calcolo fatto al sondaggio del dito, di solito, risultava
perfetto degno di una sonda ospedaliera.
La nisciuta fora di l'ovu era na cosa matematica calcolata
con grande maestria chi sulu Donna Sara sapia fari.
G.TRIOLO
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