domenica 8 dicembre 2013

L'OVA DI DONNA SARA


L'OVA DI DONNA SARA
 

Alle prime case del paese, entrando dalla porta di Santu Vitu, c'era la casa di Don Pippinu maritu di Donna Sara.
Eranu du vicchiareddi, senza figghi, tra di iddi tantu affiatati chi li picciotti  moderni n'affiatamentu comu chissu si lu ponnu sulu sunnari.
Mai na sciarra o na discussioni si ntisiru nti sa strata pi curpa di Don Pippinu.
Si mittia sempri assittatu fora cu la seggia di zabbarinu e si fumava o la pipa fatta di canna o direttamenti un muzzuni di sicarru toscanu.
La casa era di vecchia costruzione, tenuta all'interno sempre pulita e tutto il santo giorno Donna Sara si adoperava per mantenerla tale.
Era nica nica, ci ianu stritti stritti quattru seggi e na buffetta, poi c'era un cammarinu pi cucina e na stanza di lettu scurusa chi pigghiava luci sulu d' un purteddu.
La vita trascorreva serena e tutti dui facianu nà coppia perfetta.
Donna Sara, fimmina di casa era ntrissata,  un spinnia mancu na lira di la so pinsioni e manciavanu cu la pinzioni di Don Pippinu.
Già i tempi cominciavano a diventare moderni, in quasi tutte le case si incominciavano a vedere le prime televisioni a due canali, le radio erano già presenti da diverso tempo, ma in casa di Don Pippino tutto si era fermato a fine ottocento.
Il progresso tecninologico, non aveva minimamente sfiorato quella casa.
Essi, possedevano un piccolo vano magazzino nella parte ad est dei fabbricati, prospiciente la stradina ultima del paese, era ormai da considerare un rudere e Donna Sara la utilizzava per le galline.
Infatti, aveva un pollaio formato da una decina di galline, organizzato a perfetta regola d'arte con tutti i confort del caso.
Metteva la paglia dentro ceste di canna e le galline addestrate, quando era l'ora del deposito delle uova, ci si andavano ad appollaiare all'interno e in un batter d'occhio l'uovo usciva fuori come per magia.
Le uova di Donna Sara nel quartiere erano prese in grande considerazione.
Tutti sapavano con quale amore venivano trattate le galline.
Le chiamava tutte per nome  quasi come se fossero dei figli, poi con fare amorevole, ci MINUZZAVA il pane duro che impastava con un po d'acqua, ci dava la pasta arristata o al tempo un “FASCIU DI CARDEDDA” per favorire la produzione delle uova.
La canigghia chi s'avia accattari, li addini, mischini, la vidianu na vota ogni tantu.
Un c'era iornu chi un ci facia pigghiari nanticchia di suli, li niscia fora e li facia stari  liberi di svulazzari.
Ogni tantu, quannu pi qualchi motivu, dintra si ci staccava la correnti elettrica e li fila ntrizzati in qualchi puntu fumiavanu, Donna Sara vinia a la casa e cu tanti priamenti, mi dumannava si PI FAURI CI AGGIUSTAVA LA COSA.
Mi premuravo subito di mettermi a disposizioni anchi picchi se la richiesta non veniva subitu esaudita la discussioni durava in eterno.
Mi precipitavo a casa di Don Pippino che tutto preoccupato era rimasto ad aspettare.
Quando arrivavo, lo trovavo sorridente, sempre con la pipa in mano.
Di solito il lavoro era semplice e consisteva nell'unire i due fili bruciacchiati e mettere un po di nastro isolante.
Dopo avere ricevuto tanti ringraziamenti da parte dei due coniugi, andavo a casa.
Non passavano neanche due minuti che il ringraziamento da parte di Donna Sara si materializzava.
Bussava alla porta chiamando mia madre “CICCI CICCI”.
Al richiamo della voce amica mia madre la invitava ad entrare, e quando Donna Sara
AMMUTTAVA LA PORTA E TRASIA A LA PARTI DI DINTRA, tutto diventava chiaro, il rigraziamento per il lavoro fatto si materializzava in quattro uova che venivano date in mano a mia madre con il preciso impegno di farmeli mangiare.
Le galline in casa di Donna Sara sono stati nel tempo sempre presenti.
Quando si era bambini, al comando dei genitori si scattava subito e con fare servizievole si procedeva.
Di solito, i comandi dati erano di poca entità,   non davano tanto fastidio a noi bambini e non ci facevano allontanare tanto da casa.
La cumannata era di questo tipo:  “ VA A LA PUTIA E ACCATTA DECI LIRI DI SARSINA” , “ VA DICCI A DONNA GIUVANNINA SI VOLI VENIRI A LA MISSA”  o  “PORTACCI A TO ZIU STU PANARU DI FICU”.
Quando il comando veniva formulato, subito si lasciava in sospeso il gioco in corso con  altri bambini e si correva verso la destinazione segnalata.
Così se la mamma comandava “VA NI DONNA SARA E TI FA DARI SEI OVA”   mi mettevo subito a disposizioni prontu pi curriri, ma il comando era fatto in maniera molto premurosa, era contornato di tanti suggerimenti.
V'accatta l'ova ni donna Sara, pigghia cantu cantu 'ncapu lu marciapedi e talia si vennu machini, un curriri pazzi chi sciddichi e ti struppii, un scinniri ni lu stratuni chi  ti ncoccianu.
OGNI VOTA LA STESSA LITANIA.
Alla richiesta di sei uova, l'invito di donna Sara era sempre quello di seguirla nel magazzino dell'altro lato, poi con fare amorevole e con maestria, ad una ad una prendeva le galline, e con professionalità, degna del piu bravo urologo, c'infilava 'nculu l'indice della mano, per sondare e calcolare l'ora dell'uscita dell'uovo.
Quando tutte le galline erano passate dalla visita specialistica di Donna Sara, la stessa dava il responso ufficiale: “DICCI A TO MATRI CHI PO VENIRI TRA UN'URA CHI L'OVA SUNNU FATTI”.
Di solito ritornando a casa, il riferimento della notizia non dava nessun segno di preoccupazione, al massimo, l'errore temporale era di cinque minuti non di più.
Il calcolo fatto al sondaggio del dito, di solito, risultava perfetto degno di una sonda ospedaliera.
La nisciuta fora di l'ovu era na cosa matematica calcolata con grande maestria chi sulu Donna Sara sapia fari.
 
G.TRIOLO
 

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